Un uomo barbuto dall’aspetto venerabile è seduto tra due colonne; davanti a lui due figure stanno inginocchiate. Sulla mano sinistra regge il pastorale con tre croci e sul capo porta la mitra o tiara papale. Due dita della mano destra sono protese e altre due nascoste, nel segno mistico dell’occultamente parziale.
La stabilità del quattro apportata dall’Imperatore nel mondo materiale perde adesso il suo equilibrio, per raggiungere una consapevolezza altra da sé. Il numero cinque della carta del Papa scoperchia la materia, creando una vera e propria frattura nella realtà concreta, che, agli occhi del profano, segna la separazione tra cielo e terra, tra visibile e invisibile e dentro di sé quella tra conscio e inconscio. L’arcano del Papa è legato, all’interno della successione delle carte a dualismi di coppia, egli infatti è unito all’arcano della Papessa, da cui è separata della coppia Imperatrice e Imperatore. La coppia sacerdotale regna su ciò che sta al di sopra e all’interno della coscienza, la coppia Imperiale regna su ciò che sta intorno e al di sotto della coscienza. Cosa se non meglio di un ponte per mettere in contatto questi due mondi? L’esistenza stessa dell’individuo procede tra i movimenti del giorno e della notte. Sotto questo aspetto l’esistenza cosciente e subcosciente dell’individuo è formata da aspetti notturni e diurni; il silenzio e l’oscurità della notte – sono sempre portatori di profonde esplorazioni. È il lato magico dei fatti, degli eventi e delle opere che agiscono dietro la facciata diurna della storia e delle storie che raccontiamo. La frattura in questo senso è una storia che non raccontiamo ma che avviene sempre.
Il Papa della quinta carta è il guardiano della soglia, il pontefice appunto, che unisce questi due aspetti simboleggiati delle due colonne che stanno alle sue spalle. Se volessimo portare il Papa su un piano corporeo egli può essere individuato in quel momento, durante la respirazione, che separa l’inalazione dall’esalazione. Come infatti scrive Abhinavagupta nel Tantra Loka (La Luce dei Tantra) “nell’esalazione si ha il giorno nell’inalazione si ha la notte”, cosi noi spostiamo la nostra attenzione tanto all’interno quanto all’esterno di questo incessante movimento. Esalando, portando fuori, vi è la soggettiva oggettivazione del reale, inalando portiamo dentro, “riassorbiamo” il reale.
Il Papa rappresenta quindi il modello del maestro spirituale, un iniziatore ai misteri della soglia tra la coscienza e il suo superamento. In altri mazzi di tarocchi lo troviamo sotto il nome di Ierofante, dal greco “Hierophantes“, che letteralmente significa “colui che mostra le cose sacre“. Nei misteri di Eleusi, lo Ierofante era il sacerdote di grado più elevato, colui che dischiude gli insegnamenti sacri, facendo diventare ciò lo scopo della sua esistenza.
Questo arcano maggiore è riferito al segno zodiacale del Toro, nel quale l’elemento Terra, nel pieno del rigoglio primaverile, presenta la sua forma più forte ed equilibrata, realizzando lo slancio creativo iniziato dall’Ariete, ma con gentile potenza. Il Toro continua ad incarnare questa dualità perché in questa direzione intendiamo animale tanto come maschio ovino quanto come vacca, ovvero come femmina generatrice. Nella mitologia egizia il Toro è posto sotto la dominazione di Osiride e Iside, le grandi divinità corrispondenti al Sole e alla Luna. Sempre in Egitto il dio – toro Api era connesso tanto alla fecondità quanto ai funerali, rappresentando quindi nascita e morte. Il significato mitologico del Toro è vastissimo e non facilmente riassumibile in questa sede, esso è presente tanto nelle culture dell’area mediterranea quanto nelle culture orientali, in maniera particolare in quella indiana.
Nel mazzo di Crowley, questo bilanciamento e ripartizione tra il basso e l’alto è ancora più evidente. Venere, che compare davanti alla figura maschile come una donna armata di spada tenendo nella mano sinistra una falce di Luna, astro che nel Toro si esalta, marcandone la postura ed illuminandone il volto. Lo Ierofante siede su un trono circondato da un toro e da due elefanti che rimandano alle colonne nel dualismo di opposti di cui egli è il mediatore. Ai quattro angoli della carta, i simboli dei segni zodiacali Toro e Leone per i segni omonimi, incrociati con l’Aquila per lo Scorpione e con l’Angelo per l’Acquario, restituendo così l’immagine di stabilità nei quattro elementi. Collocarsi in mezzo tra mondi opposti ma complementari permette al Papa di trasformare una pericolosa confusione dei due aspetti in ricchezza. Se non fosse per la massiccia stabilità del Toro, Luna e Venere potrebbero facilmente condurlo alla pazzia.
Prendere con sé il Papa, che unifica il paradosso nei dualismi come suo scopo supremo, vuol dire ricordare che questa figura, dato il suo servizio, ha preso dei voti, si è legato a delle scelte ben precise affinché l’opera di connessione tra realtà opposte e il suo coerente insegnamento possa risultare stabile e permanente. Il pastorale con le tre croci che tiene in mano ha una valenza di autorità spirituale in quanto simbolo del gioioso annientamento nella pacificazione degli attaccamenti del corpo, della mente e dello spirito. Comprendere il suo lavoro vuol dire portare dentro di sé il lavoro di mediazione rappresentato dal numero 5, che è il numero dell’uomo considerato mediatore tra “Dio” e L’Universo. Il Papa dunque invita ad essere mediatore di sé stessi, mettersi al servizio tra la sublime comunicazione interiore e l’umanità più istintiva, guardando al paradosso come il quotidiano stato delle cose, incarnando il complesso mistero che siamo e di cui facciamo parte. Attraverso esso, e il suo insegnamento, si può andare fino al limite estremo dell’universo, fino all’ultima demarcazione tra la parola e l’impensabile.
Giuseppe Maio